Bruno è un ragazzino di nove anni. Vive a Berlino con sua madre, suo padre e sua sorella. Suo padre è un ufficiale delle SS e quando il Fuhrer gli chiede di trasferirsi ad Aushwitz lui accetta.
Bruno però non è felice:
deve lasciare i suoi tre migliori amici.
Quando arrivano ad Aushwitz Bruno rimane scioccato
dalla bruttezza di quel posto. Quella casa è completamente diversa da quella
di Berlino.
Cerca in tutti i modi di adattarsi a quel luogo orribile ma proprio non ci riesce, fino a quando, un giorno dalla sua camera scorge una piccola finestra da cui intravede degli uomini molto magri e che indossano tutti gli stessi vestiti: un pigiama a righe e un berretto di tela con lo stesso motivo.
Cerca in tutti i modi di adattarsi a quel luogo orribile ma proprio non ci riesce, fino a quando, un giorno dalla sua camera scorge una piccola finestra da cui intravede degli uomini molto magri e che indossano tutti gli stessi vestiti: un pigiama a righe e un berretto di tela con lo stesso motivo.
Bruno, incuriosito, prende coraggio e chiede al padre cosa ci fanno tutte quelle persone da quella parte del reticolato. La risposta è di non interessarsi a tutto ciò e di non avvicinarsi.
Naturalmente Bruno non segue le indicazioni e s'incammina verso il campo. Quando sta per tornare indietro scorge in lontananza un puntino che piano piano diventa una figura e poi una persona.
Naturalmente Bruno non segue le indicazioni e s'incammina verso il campo. Quando sta per tornare indietro scorge in lontananza un puntino che piano piano diventa una figura e poi una persona.
E’ un bambino, magro che guarda la terra. Bruno gli
va vicino e gli dice: "Ciao, io mi chiamo Bruno. Tu come ti
chiami?”
"Shmuel”risponde il bambino
"Shmuel? Non ho mai sentito qualcuno con questo nome" gli dice Bruno
"Neanche io ho mai sentito qualcuno che si chiamasse Bruno. Hai del cibo?" chiede Shmuel
"No, mi dispiace" risponde Bruno.
"Shmuel”risponde il bambino
"Shmuel? Non ho mai sentito qualcuno con questo nome" gli dice Bruno
"Neanche io ho mai sentito qualcuno che si chiamasse Bruno. Hai del cibo?" chiede Shmuel
"No, mi dispiace" risponde Bruno.
Bruno e Shmuel parlarono per ore fino a quando per
Bruno non giunse l’ora di ritornare a casa e quindi salutò il suo nuovo amico e
se ne andò,
Bruno era più contento che mai perché aveva
incontrato un nuovo amico.
Il giorno dopo Bruno tornò da Shmuel, questa volta
però con una barretta di cioccolato e i due parlarono per ore.
Questo andò avanti per mesi fino a quando il padre di
Bruno convocò lui e sua sorella nel suo ufficio per comunicare loro che insieme
alla madre sarebbero tornati a Berlino.
Bruno in quel momento provò emozioni contrastanti
perché avrebbe reincontrato i suoi amici
e sarebbe tornato ad una vita normale ma allo stesso tempo era triste perché
avrebbe dovuto salutare il suo amico.
Il giorno seguente Bruno tornò da Shmuel e gli
comunicò la scelta di suo padre.
Shmuel era molto triste e si sentiva tradito ma Bruno
per farlo contento gli disse che questa non sarebbe stata l’ultima volta che si
sarebbero visti perché l’indomani lui sarebbe tornato a salutarlo. Fu allora che Shmuel ebbe un’idea: Bruno si
sarebbe vestito come Shmuel e così avrebbero potuto fare ciò che in tutto quel
tempo, separati dal reticolato, non avevano potuto fare.
Il giorno dopo Bruno indossò il "pigiama a righe", Shmuel gli sollevò la rete per farlo passare e finalmente i due poterono giocare insieme.
Non tutto però andò come previsto...
Non tutto però andò come previsto...
Questo libro racconta l’inferno che tutte queste
persone hanno dovuto passare; prima la discriminazione poi l’isolamento ed
infine la morte.
Consiglio Il bambino con il pigiama a righe a chi vuole leggere una storia terribilmente vera raccontata dal punto di
vista di un bambino che non sa quello
che suo padre sta facendo, crede che suo padre sia buono ma non lo è perché
anche lui ha contribuito allo sterminio degli ebrei.
Giorgia P. (2^E)
Giorgia P. (2^E)
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